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lunedì 7 settembre 2020

L’assurdo paradosso in Sicilia: clandestini raccolti e curati, ma non si trovano i posti per i poveri siciliani



Di Simona Bertuzzi – Che Paese è quello che accoglie a braccia aperte migliaia di migranti e lascia gli emarginati delle sue città in lista di attesa per un posto al dormitorio comunale? Sono sessanta, solo a Palermo (racconta Repubblica), i poveretti senza una branda dove riposare la notte. Padri di famiglia stritolati dalle separazioni. Pensionati che hanno dato fondo ai risparmi. Immigrati, quei pochi che non rientrano nei circuiti tradizionali dello Sprar. Alcuni sono facce nuove partorite dal lockdown, avevano un lavoro e hanno perduto tutto. Altri volti noti delle strade palermitane che scompaiono negli anfratti bui, quando è notte fonda, e riemergono all’alba come fantasmi smunti pronti a perdersi nei vicoli dello Zen o lungo i marciapiedi del Brancaccio, dove i vasi di fiori sparpagliati davanti agli usci coprono l’asfalto e l’olezzo di fritto delle case semplici e uguali.

Nuovi e vecchi poveri. Stipano i loro quattro stracci in sacchetti di plastica, poi fanno la spola dalla strada ai dormitori in attesa della buona novella. C’è il tizio con la barba sfatta e il soprabito regalato dalle suore che si veste a cipolla come si usa tra i poveri, sotto ogni strato una manciata di polvere e un cimelio della sua vita trascorsa. E quello nuovo del giro, che cammina svelto e si danna come un matto. Si mimetizza tra i passanti frettolosi, si stringe la giacca di lino sul petto poi infila la mano destra nella tasca e tiene stretto qualcosa, una chiave o forse un ciondolo di un amore di gioventù.

Ci avete fatto caso? Sono seri e muti come pesci, perché la povertà leva i soldi e anche la voglia di spiccicare parola. I bravi assistenti sociali hanno fatto il loro dovere, per carità, e sono riusciti a convincerli che con la pandemia non è sano bazzicare la strada, si rischia di prendere il virus e finire dritti (e stesi) all’ospedale. E i poveri hanno dato retta e si sono fatti avanti per chiedere un posto pulito dove dormire. Ma i posti letto nei dormitori di Palermo sono 144 (48 in più dell’era precovid, garantisce l’amministrazione comunale) e sono tutti occupati, dannazione. Dunque che si fa? Si attende, e forse intanto si crepa di inedia e di fame. Non va meglio nel resto d’Italia, credete. Da dove arrivano fotogrammi di povertà sparsa e senza casa. A Roma, nei giorni torridi dell’estate, un gruppo di senzatetto ha bivaccato davanti al centro Caritas (che aveva 70 posti liberi) perché non c’era modo di fare i tamponi.

A Varese ha chiuso i battenti un istituto che pare fosse un punto di riferimento e un oracolo per tutti i clochard del luogo, si chiamava il Viandante, un nome che era una certezza e una speranza, e assisteva 45/50 persone al giorno. Nell’Alessandrino, invece, 60 nuove anime si sono riversate nelle strade a causa della maledetta crisi e il risultato – secondo i dati raccolti dal Cissaca, il consorzio socio assistenziale che opera su un bacino di 155mila cittadini – è che adesso non hanno un posto dove andare. E che dire di Pozzuoli? Qui una trentina di clochard occupava l’ex convitto delle Monachelle e l’amministrazione li ha giustamente sfrattati tutti perché l’edificio è fatiscente e pericolante (già, ma adesso che faranno?).

Il punto è che i nuovi poveri si moltiplicano. E non c’è luogo dove sistemarli tutti. Mica colpa delle amministrazioni, è la replica stizzita, se il circuito della povertà si allarga e reclama posti letto e assistenza: il lockdown si è portato via le occupazioni e gli stipendi, e ha lasciato un carico di derelitti. Tuttavia qualcosa non quadra e monta la rabbia se si guarda l’altro lato dell’assistenza sociale. Un esercito di immigrati accolti in Italia. Dal primo agosto 2019 al 31 luglio 2020 gli sbarchi di migranti sono stati 21.618, il 148% in più dello stesso periodo dell’anno precedente. Prima c’era Salvini al Viminale. Oggi c’è la Lamorgese.

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