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lunedì 10 dicembre 2018

L’ex governatore di Bankitalia Fazio: ‘La strategia vincente deve essere quella delineata da Savona’


LOGICO” RITENERE CHE CON UN DEFICIT ITALIANO DELL’1,6% SI POSSA ABBASSARE IL DEBITO PUBBLICO.

Lo ha dichiarato l’economista Antonio Fazio, a sostegno delle scelte dell’esecutivo giallo-verde.

L’ex governatore della Banca d’Italia, intervenuto sul quotidiano della Cei, Avvenire, ha dichiarato che il problema non è tanto il 2,4 per cento, ma che nella Ue “non c’è una vera politica economica”.

Ha sottolineato come ci sia bisogno di “una forte iniziativa pubblica” per gli investimenti e che “la strategia vincente deve essere quella delineata dal professor Savona”, economista e ministro degli Affari europei.

“È bene ricordare che negli ultimi 10-15 anni i governi italiani hanno sempre osservato le indicazioni della Commissione. Malgrado questo, il rapporto debito pubblico/Pil è salito notevolmente. Se il disavanzo si riduce dal 2,4 all’1,6 per cento, il debito cala solo di uno 0,6 per cento (meno 0,8 diviso 1,3 che è il rapporto tra debito e Pil). Nel contempo, però, il reddito nazionale cresce di meno, ricevendo un impatto negativo dello 0,8 per cento dalla riduzione del disavanzo.

In definitiva, quando il rapporto debito/Pil è elevato, il tentativo di ridurre tale rapporto attraverso la riduzione del disavanzo non solo non è efficace, ma addirittura controproducente” ha spiegato Fazio in un’analisi che ha ripreso in un’intervista rilasciata alla rivista delle banche popolari.

Fazio ha affermato che il livello del debito italiano è “sostenibile”, se si considera “l’indebitamento relativamente basso delle famiglie italiane”.

Riguardo all’euro, ha detto che “non va messo in discussione, ma è, e resta, un obiettivo intermedio la cui stabilità deve servire a garantire, strumentalmente, gli altri obiettivi, a partire dalla ricerca della piena occupazione che si scontra invece con l’attuale stato pietoso dell’occupazione giovanile in Italia.”

Per combatterlo bisogna intervenire sul costo del lavoro dato che, con l’euro, “si è perso lo strumento del cambio e si è legati sul bilancio pubblico: se non si agisce sul costo del lavoro, resta ben poco da fare.”

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