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venerdì 28 settembre 2018

Abusa della figlia di 8 anni e la presta a amici: non farà un giorno di carcere



CONEGLIANO (TREVISO) Per otto anni ha violato il suo corpo di bambina. L’uomo, che era suo padre e avrebbe dovuto proteggerla, era diventato l’orco che ha segnato per sempre la sua vita. Per questo è stato condannato in primo grado a una pena di 10 anni. Per i giudici del tribunale di Treviso è colpevole di averla stuprata da quando ne aveva 8, di anni, arrivando anche a cederla in «prestito» per le smanie degli amici al bar. Una colpevolezza che è stata riconosciuta anche dalla Corte d’Appello di Venezia che, però, giovedì ha dovuto decretare il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Così l’orco, difeso dall’avvocato Francesco Longo, per quelle violenze alla figlia non farà un solo giorno di prigione, grazie a una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha reso meno pesante una delle aggravanti. Questo ha ridotto i tempi di prescrizione, salvandolo dal carcere. Anche se, come per il primo grado anche i giudici d’appello, ne hanno riconosciuto la colpevolezza confermando la condanna civile al risarcimento alla parte offesa.

Una nuova ferita per la figlia

La prescrizione è uno schiaffo per la figlia, che ancora cerca di superare quel trauma. Per lei è impossibile dimenticare le violenze. Era appena una bambina quando il papà, che da poco si era separato dalla madre, ha iniziato ad abusare di lei, trascinandola in un baratro di violenza e minacce. Lo ha raccontato lei stessa in aula, durante il processo di primo grado, ricostruendo senza mai contraddirsi gli anni di violenze subite nei fine settimana che trascorreva con il padre. L’uomo, all’epoca 46enne, beveva e quando era ubriaco diventava violento. Andava a prenderla e le diceva: «Andiamo alle giostre». Invece la portava a casa e la stuprava. Il 31 ottobre del 1995 la prima violenza. Lei aveva otto anni e il suo mondo crollò.

E’ riuscita a denunciare solo da adulta

Parlarne con qualcuno è stato impossibile per molto tempo, perché il padre le intimava di non dirlo a nessuno. Così ha subito per anni non solo i suoi abusi, ma anche quegli degli amici del bar al quale il padre «la cedeva». Lasciava che la toccassero e si spingessero oltre. Un incubo finito quando l’uomo si è risposato, nel 2003. Per la figlia è così iniziato un percorso di elaborazione che l’ha portata, pian piano, ad aprirsi quindi con il fidanzato, poi con la madre e i fratelli che l’hanno convinta a denunciare il padre. Al processo, assistita dall’avvocato Aloma Piazza, ha raccontato tutto e i giudici l’hanno ritenuta credibile, condannando l’uomo a 10 anni di carcere. Ma in cella l’orco non ci andrà. Una storia triste che diventa ancora più amara alla luce della sua evoluzione giudiziaria e che potrebbe non essere l’unica. Quella sentenza delle Sezioni Unite, infatti, potrebbe graziare altri stupratori.

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