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giovedì 5 dicembre 2019

Ci prendono a pesci in faccia: Italia esclusa dal vertice a 4 sulla Libia. Smacco per Conte e Di Maio



Nel vertice Nato in corso in queste ore a Londra, uno sguardo è stato dato ovviamente anche alla crisi libica. Impossibile non parlare di Libia quando, attorno ad uno stesso tavolo, sono seduti alcuni dei leader più importanti impegnati politicamente nel paese nordafricano.Per questo motivo, a margine del primo giorno di vertice dell’alleanza atlantica, è stato organizzato un mini incontro volto a lanciare un comune documento politico proprio sulla Libia. Ma il vero segnale di natura politica non è arrivato dal documento in sé, quanto invece da un’esclusione eccellente che ha fatto molto rumore: quella cioè dell’Italia.
Vertice a quattro senza l’Italia
Siria e Libia sono alcuni degli argomenti più importanti in esame nel summit Nato in corso nella capitale del Regno Unito. Per questo, a margine del primo giorno del vertice, è stata organizzata una riunione che ha visto la presenza di quattro capi di governo: il padrone di casa Boris Johnson, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Un vertice a 4 in cui sono stati toccati i punti più salienti riguardanti la crisi siriana e libica. Escluso da questo mini summit il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte, che pure in quel momento era già a Londra. Dalla riunione a 4, come detto, è uscito fuori un documento politico in cui viene espresso supporto all’azione dell’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, e nel quale è emerso l’auspicio di un processo politico interno alla Libia facilitato dalle azioni dell’Onu e del Format di Berlino, meglio noto anche come “gruppo 5 + 5”, visto che al suo interno sono compresi i cinque paesi con seggio permanente all’Onu con l’aggiunta di Germania, Italia, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Sotto il profilo politico, viene quindi ribadita la volontà di giungere ad un percorso condiviso tra i vari attori maggiormente protagonisti in Libia.

Ma il problema non secondario per l’Italia, è dato dal fatto che a margine del testo non vi è la firma di un nostro rappresentante. Un segnale molto negativo, un ennesimo campanello d’allarme: Roma, che fino a pochi mesi fa ancora perseguiva l’ambizione di guidare una cabina di regia sulla Libia, sta seriamente rischiando di essere sempre più marginale nel dossier che riguarda il paese nordafricano.
Perché l’Italia rischia la marginalizzazione
Come già sottolineato nei giorni scorsi, ad alimentare i rischi per il nostro paese è complessivamente la mancanza di una chiara visione strategica sulla Libia. A mancare è cioè l’incipit politico e questo principalmente per due motivi: da un lato continui cambi di governo che non favoriscono certamente l’individuazione di una strategia a lungo termine, dall’altro il fatto che l’attuale esecutivo è distratto da altri dossier interni. 

Lo stesso Giuseppe Conte, che lo scorso anno si è mostrato molto attivo andando ad incontrare personalmente sia a Roma che in Libia i principali attori politici e militari impegnati nel paese nordafricano, oggi appare impegnato nella gestione di altre situazioni politiche ed economiche afferenti alla sfera interna. Così facendo però, l’Italia potrebbe seriamente rischiare di uscire di scena o comunque di apparire come un attore impegnato tra le linee secondarie e non più protagonista. Eppure Roma ha in Libia molti interessi nazionali da salvaguardare, a partire da quello inerente il settore petrolifero fino ad arrivare al discorso riguardante sicurezza ed immigrazione. 

Perdere di vista lo scacchiere libico equivarrebbe dunque ad un vero e proprio suicidio politico. L’Italia, ancora una volta, deve adesso cercare di mettere nuovamente le mani sul dossier più delicato per la sua politica estera.

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