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sabato 5 gennaio 2019

ORLANDO: IL NEMICO DI FALCONE CONTRO SALVINI


E’ ormai stranoto che in Sicilia, enclave della mafia seminata dalla massoneria di Giuseppe Mazzini e fatta prosperare dagli americani alleati del boss Lucky Luciano, la politica segue un corso molto particolare e bizzarro.

A tal punto anomalo da indurre gli uomini di buona volontà e comprendonia a ritenere che sia naturale effetto di quella triade di massoneria, servizi segeti e mafia che inquina e depista l’Italia dal 1943, anno in cui l’Amgot anglo-americano pose piede nella Trinacria con l’aiuto delle famiglie del boss della Cosa Nostra italo-americana. Fin qui non si narra nulla di più di ciò che un normale appassionato di storiografia ha scoperto al di là delle censure nei libri di testo scolastici. Ma al fine di comprendere ciò che sta accadendo nell’anno 2019 è doveroso ricordare ciò che è avvenuto in tempi meno remoti in Sicilia ed in particolare a Palermo, sede di una delle più importanti logge massoniche mondiali denominata Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato (dove si affiliarono Mazzini ma anche Nino Salvo, ritenuto mandante dell’assassinio del giudice Rocco Chinnici, il primo a mettere in correlazione la mafia con l’Unità d’Italia).

In considerazione dell’enorme massa di informazioni al riguardo citerò solo brevi riferimenti rimandando alle fonti di precedenti articoli a fondo pagina limitandomi qui a trarre alcune importanti considerazioni. Prima tra tutte quella sulla presa di posizione di Leoluca Orlando contro il Decreto Sicurezza voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini che giunge proprio all’indomani del messaggio di fine anno pro-migranti del suo mentore ora sfortunatamente Presidente della Repubblica Italiana. Inutile riferire i dettagli su tale boicottaggio dato che sono riportati su tutti i media italiani. Ma forse non molti rammentano chi è davvero Leoluca Orlando, ripetutamente immortalato in preghiera coi musulmani, e grazie a chi ha fatto carriera politica.

Sergio Mattarella e Leoluca Orlando Alla morte di Piersanti Mattarella (presidente della Regione Sicilia ucciso dalla mafia in circostanze molto ambigue secondo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, vedi articolo sotto Gli intoccabili siciliani) la Dc siciliana fu commissariata e toccò proprio a Sergio Mattarella, figlio di Bernardo Mattarella accusato di collusioni mafiose da varie fonti tra cui un documento di Vito Ciancimino agli atti dell’inchiesta della Commissione parlamentare antimafia, l’onere di costruire un nuovo corso alla politica democristiana nell’isola attraverso la scelta di un nuovo leader che individuò in Leoluca Orlando, che divenne sindaco nel 1985: dal 2012 costui ricopre per la quinta volta tale incarico. Un politico che fu tra i più strenui accusatori di Giovanni Falcone, il giudice antimafia per antonomasia. Sarebbe dispersivo riportare tutti i testi al riguardo in riferimento all’esposto di Orlando al Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) contro Falcone e pertanto mi limiterò a pubblicare il link di una trasmissione televisiva con l’intervento del politico contro il giudice.

In aggiunta a ciò ecco l’intervista all’ex Ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli, colui che diede rifugio al giudice chiamandolo a svolgere la funzione di Direttore degli Affari Penali presso il Dicastero, che evidenzia come le accuse del Sindaco di Palermo sarebbero state una reazione alle indagini del magistrato su Vito Ciancimino (lo stesso raccomandato da Bernardo Mattarella padre del democristiano Sergio che avrebbe poi sponsorizzato Orlando) che durante l’amministrazione Orlando continuava ad imperversare nella gestione di appalti pubblici direttamente o per il tramite di suoi soci in affari. Appena possibile, data la voluminosità degli atti, elaboreremo un apposito articolo su tutti i retroscena emersi dall’audizione di Falcone al Csm dove non solo ebbe a difendersi con perizia e dovizia di particolari ma mise in luce molteplici anomalie della vita politica e giudiziaria palermitana. Anomali accreditate dall’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia circa il clima di ostilità che aveva indotto Falcone a lasciare Palermo.

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