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mercoledì 8 luglio 2020

Allarme dalla Libia: “Qui il coronavirus dilaga”. “I migranti infetti possono scappare verso l’Italia”



Di Mauro Indelicato – Gli ultimi sbarchi di navi Ong hanno fatto intuire che qualcosa, sotto il profilo sanitario, dall’altra parte del Mediterraneo non va: 28 i positivi al coronavirus approdati dalla Sea Watch 3, 8 invece quelli arrivati dalla nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans. In Libia dunque, c’è più di una preoccupazione legata all’evoluzione dell’epidemia di Covid-19. I casi ufficiali hanno superato le migliaia di unità, con un’importante crescita nel numero dei tamponi positivi negli ultimi giorni. Il primo positivo nel Paese è stato registrato il 25 marzo scorso: si trattava di un cittadino di ritorno dall’Arabia Saudita, ricoverato per alcuni giorni a Tripoli prima di essere dimesso.

Da lì sono poi scattate misure di distanziamento sociale molto rigide, ma la vera attenzione nelle settimane successive si è spostata sul conflitto viste avanzate del Gna, le forze cioè fedeli al governo, a scapito dell’Lna guidato da Khalifa Haftar. Adesso l’emergenza Covid è tornata centrale, specie dopo gli ultimi incrementi dei casi. A confermare questa situazione da Tripoli è Faraj Aljarih: giornalista libico residente nella capitale del Paese nordafricano e collaboratore di AgenziaNova, al Giornale.it il contesto da lui prospettato è tutt’altro che roseo, sia per la Libia che per l’Italia.
Qual è la situazione in Libia riguardo al coronavirus?
La situazione epidemiologica in Libia sta peggiorando, ci sono circa un migliaio di casi confermati e il numero di nuovi casi sta aumentando. Non ci sono abbastanza test per misurare l’estensione del Coronavirus e il paese soffre di un sistema sanitario che non è in grado di far fronte alla pandemia in alcun modo.
È vero che il picco di infezione non è stato ancora raggiunto?
La Libia non ha ancora raggiunto l’apice della diffusione del virus e siamo solo all’inizio. Data la situazione epidemiologica nel Paese, si può affermare che il peggio deve inevitabilmente ancora arrivare, soprattutto se le autorità continuano a non prendere provvedimenti concreti sul terreno per contrastare la diffusione del virus.
A proposito: quali sono le misure prese dal governo?
Non ci sono misure efficaci che il governo sta prendendo. In Libia, ci sono due governi, uno in Cirenaica e l’altro in Tripolitania: ciascuno di essi ha adottato semplici misure che non sono sufficienti per contrastare il virus. Il risultato è che i casi confermati si intensificano ogni giorno. All’inizio della diffusione del virus nei Paesi vicini, i governi di Cirenaica e Tripolitania hanno implementato alcune misure come il coprifuoco e la sospensione dei voli da e per la Libia, ma sono stati gli stessi governi i primi a violare queste misure. Ad esempio, il governo di Tripoli, guidato da Fayez al-Sarraj, ha continuato a far affluire mercenari siriani pro-Turchia con voli attraverso Misurata e l’aeroporto di Mitiga. A volte si contavano più di voli al giorno di questo tipo. Di conseguenza, scopriamo poi che le aree in cui sono arrivati ​​i mercenari dalla Siria, quali ad esempio Misurata e la stessa Tripoli, sono state le prime ad essere raggiunge dalla diffusione del virus in Libia. Tra i nuovi hotspot in cui è emerso il virus, c’è anche quello di Sebha, la città cioè considerata come capitale della migrazione illegale dall’Africa sub-sahariana attraverso la Libia verso l’Europa.
In Italia c’è preoccupazione per i contagi nei centri di accoglienza per i migranti: qual è la situazione?
Le informazioni sul numero di casi confermati nei centri di detenzione sono molto scarse. I centri di detenzione dei migranti sono controllati da milizie non governative e gestiscono la situazione in base all’ideologia di ciascun gruppo armato. Ci sono molti centri di detenzione che il governo e le organizzazioni internazionali non conoscono. Data la cattiva reputazione dei centri di detenzione, specialmente nella Libia occidentale, la possibilità che queste strutture diventino punti caldi dell’epidemia è molto alta.
Esiste la possibilità che i migranti infettati dal coronavirus stiano fuggendo ed entrando in Italia?
Questo è molto probabile. Perché le milizie armate che controllano i centri di detenzione nella Libia occidentale sono accusate di traffico di migranti e di guadagnare ingenti somme di denaro per spedire attraverso il mare verso l’Italia e il resto dell’Europa. Quindi la chiave qui è il denaro. Inoltre, le rotte migratorie illegali dalla Libia meridionale e dalla Libia continuano a funzionare nonostante il virus.
Esiste un bilancio ufficiale dei casi di coronavirus all’interno dei centri di accoglienza?
Vi sono pochissime informazioni sulla situazione epidemiologica nei centri di detenzione. L’agenzia che segnala casi confermati opera da Tripoli controllata da gruppi armati che gestiscono le strutture per i migranti. Pertanto, anche se sono disponibili informazioni sulla situazione epidemiologica in questi centri, tali informazioni potrebbero non essere affidabili.
Sappiamo che molti casi di coronavirus sono stati registrati nella Libia meridionale, dove passano le rotte dei migranti: questa situazione potrebbe aumentare i casi di coronavirus?
Sì, il numero di casi confermati a Sebha e nella Libia meridionale è in aumento. Ogni giorno ci sono nuovi casi che non erano in contatto fisico con casi già infetti. La città di Sebha è amministrativamente affiliata al governo di Tripoli e segue militarmente le autorità in Cirenaica. Questo rende la città trascurata da entrambi i governi. Sebha è anche un punto importante sulle rotte migratorie illegali dalla città di Murzuq, Al-Qatrun e dai confini della Libia con l’Africa sub-sahariana. La brutta situazione a Sebha e nel sud dovrebbe peggiorare nei prossimi giorni, soprattutto con l’assenza di adeguate infrastrutture sanitarie.

Non ci sono ospedali in città in grado di ricevere casi confermati e fornire loro assistenza medica, il personale medico addestrato se p considerabile carente in tutta la Libia si può considerare quasi inesistente a Sebha. A questo si aggiunga la mancanza di sostegno del governo per il settore sanitario in città e la quantità di corruzione finanziaria ed amministrativa che impedisce agli aiuti di raggiungere coloro che ne hanno bisogno. Sebha è una Libia in miniatura, ciò che accade al suo interno è specchio di quanto sta accadendo in tutto il Paese.

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