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mercoledì 17 giugno 2020
Sfruttavano i migranti e davano loro cibo avariato: nei guai coop (rossa) dell’accoglienza. 3 arresti a Bergamo
Di Cristina Gauri – Roma, 16 giu – Sfruttavano e sottopagavano gli immigrati nutrendoli con cibo scaduto e facendoli dormire in ambienti malsani, producendo e e falsificando computi contabili inglobati poi in sede di rendicontazione e falsificando le firme dei richiedenti asilo per attestarne la falsa presenza all’interno del centro che li ospitava e percepirne il contributo quotidiano erogato dallo Stato.
Sono da ieri agli arresti domiciliari tre persone, Alberto Zanotti, P.A.M. e T.G., rispettivamente padre spirituale/fondatore, presidente ed economo della coop per immigrati Terra Promessa, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato attraverso l’acquisizione di erogazioni pubbliche non spettanti, sfruttamento del lavoro nero, riciclaggio ed altro.
Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Davide Palmieri (oggi in servizio presso la Procura della Repubblica di Nocera Inferiore), si sono protratte dal mese di gennaio 2018 fino all’aprile del 2019, e hanno consentito agli inquirenti di acquisire elementi probatori certi a carico anche di ulteriori 38 soggetti, tutti indagati e destinatari di informazioni di garanzia. Lo riferisce BergamoNews.
Tutto ha avuto inizio in seguito alla denuncia di violenza sessuale subita da una operatrice della coop; l’indagine relativa ha finito per evidenziare delle palesi carenze nella gestione del centro; in particolar modo riguardo l’assenza di personale qualificato e nel numero previsto dalla normativa, che non consentiva un controllo adeguato degli immigrati presenti nel centro. «Durante l’attività d’indagine ci si è trovati quindi al cospetto di un “sistema” che permetteva l’esistenza di un vero e proprio apparato del malaffare in ordine all’accoglienza, condizione agevolata anche da rapporti disinvolti con alcuni funzionari pubblici», spiega l’Arma in una nota.
A far emergere ulteriori elementi è stata l’introduzione dell’obbligo di “rendicontazione” delle spese sostenute per l’accoglienza; i titolari del centro, essendo da quel momento costretti a tracciare ogni spesa che secondo gli inquirenti erano solo millantate, cercavano freneticamente di dimostrare spese mai sostenute, coperte creando fatture false con la compiacenza di commercianti o imprenditori, falsificando vecchi documenti, o compilando falsi registri di presenze di immigrati assenti da tempo. Una truffa aggravata ai danni dello Stato per il recepimento di erogazioni pubbliche non spettanti operata attraverso la «produzione e falsificazione di computi contabili inglobati poi in sede di rendicontazione, falsificazione delle firme dei migranti/richiedenti asilo per attestarne la falsa presenza all’interno del centro, dinamiche anche correlate ai mancati check-out dei migranti che nel corso del tempo si erano trasferiti dalle varie strutture omettendo dolosamente la comunicazione obbligatoria dell’allontanamento dell’ospite all’ente di riferimento».
In sede di indagini sono poi venute a galla ulteriori irregolarità come «lo sfruttamento dei migranti in attività lavorative prive di tutele tra le quali la produzione di guarnizioni, lavori edili per conto della cooperativa e delle attività commerciali da loro controllate», lavorando in condizione di sfruttamento e sottopagati «non solo direttamente ma anche da commercianti ed imprenditori che ne ricevevano i servigi con paghe assolutamente non regolari». Inoltre agli stranieri sarebbe stato servito più volte cibo scaduto o avariato. Le forze dell’ordine hanno sequestrato preventivamente alla coop 130mila euro.
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