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lunedì 29 giugno 2020
Nel palazzo dei migranti che Raggi non sgombera: risse, spaccio, accoltellamenti e bastonate. Residenti terrorizzati (Video)
Di Elena Barlozzari Alessandra Benignetti – È mezzogiorno. Il sole arroventa la carrozzeria delle auto in sosta al distributore di benzina di via Raffaele Costi. Roberto Torre, storico residente di Tor Sapienza, ci aspetta a pochi passi dall’imbocco della A24. “Guardate”, dice indicando al di là di un canneto, in direzione di un immobile pericolante. Una vecchia conoscenza de Il Giornale, che ha seguito le operazioni di sgombero che lo hanno interessato sia nel 2017 che nel 2018.
“Io ci avevo sperato – ci dice rassegnato Torre – e invece siamo di nuovo al punto di partenza”. Nonostante i ripetuti blitz delle forze dell’ordine, infatti, l’edificio è stato nuovamente occupato. Recinzioni e barriere di cemento non sono servite a metterlo al riparo da nuove incursioni. Dal viadotto abbiamo una visuale completa della situazione: una decina di stranieri staziona tra le dune di spazzatura che incorniciano il rudere. C’è chi tira calci ad un pallone e chi mangia accovacciato a terra. Mentre cerchiamo di mettere a fuoco la scena con la videocamera, succede qualcosa. Il brusio degenera in grida, e il gruppetto improvvisamente si anima.
In pochi minuti dall’immobile escono decine di persone e si lanciano nella mischia. È una rissa in piena regola, e spuntano persino dei bastoni. “È un regolamento di conti – commenta Torre, senza stupore – uno dei tanti”. Quando la baraonda si calma, ognuno ritorna alle proprie occupazioni come se nulla fosse. Tutti tranne un ragazzo, che si avvicina zoppicando nella nostra direzione. Si chiama Ibrahim ed ha 23 anni. È madido di sudore e perde sangue da una mano. “Non ce la faccio più a vivere così, prima o poi mi ammazzano o ammazzo qualcuno io”, ci confida in un italiano stentato. È arrivato dal Gambia due anni fa, passando per il deserto e sfidando le correnti del Mediterraneo su un barcone. Non ha i documenti.
“Siamo una cinquantina, gambiani, maliani, nigeriani e c’è anche qualche rom, donne, bambini”, ci spiega. È alterato dall’alcol e dall’adrenalina. Continua a ripetere che se ne vuole andare, ma non sa dove. Forse in Abruzzo, per cercare un posto come bracciante. Sopravvive rivendendo birre e sigarette sfuse agli altri abusivi. Cerchiamo di capire cosa è successo. “Mi hanno colpito con una catena, mi sono difeso, lì dentro ci sono dei prepotenti che dettano legge”, racconta prima di rimettersi lo zaino in spalla e scomparire.
La situazione è esplosiva. Ce lo raccontano anche nel bar che affaccia sul distributore di benzina. “Ieri è venuta l’ambulanza a recuperare uno straniero che aveva una ferita da taglio sul braccio”, ci dicono preoccupati. “Non sappiamo cosa sia successo, se si sia trattato di un ferimento accidentale o di un’aggressione, certo è che ogni giorno qui succede qualcosa”, concludono. È d’accordo anche Torre. “Dopo una certa ora – spiega – la pompa di benzina è off limits, la gente ha paura e non si avvicina anche perché c’è un giro di spaccio evidente”.
“Ho assistito con i miei occhi a diversi scambi”, denuncia. L’unica soluzione, secondo lui, sarebbe abbattere quel maledetto palazzo. È stanco degli sgomberi “farsa” e rivendica dignità per il suo territorio. “Un tempo – ragiona amareggiato – la periferia era un luogo geografico, adesso invece è diventata sinonimo di degrado e illegalità, ci sentiamo cittadini di serie B”. Lo stabile ormai è un fortino inavvicinabile e qui hanno tutti paura. “Cosa aspettano ad intervenire? Per un bagnante sulla spiaggia abbiamo smosso droni, polizia e qui nessuno vede e nessuno sente”, è quello che si chiede chi abita da queste parti.
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