Elezioni in autunno come vuole Salvini, o governo del presidente (leggi inciucio), sostenuto principalmente dai renziani del Pd e dai 5 Stelle, che faccia slittare il voto (almeno) a primavera 2020? La partita fondamentale sul voto si gioca proprio dentro il Partito democratico. Perché se il Movimento 5 Stelle, con le parole forti di Beppe Grillo, ha fatto capire di essere pronto a sostenere un Conte bis con una maggioranza con dentro chiunque (Pd, LeU, Forza Italia, Belzebù non fa differenza) pur di evitare il voto in autunno, tra i dem la spaccatura è netta. Da una parte ci sono Renzi e i suoi che parlano del voto subito come di una “follia”, dall’altra c’è il segretario Nicola Zingaretti che ribadisce l’impossibilità di qualsiasi accordo coi 5 Stelle e indica la via del voto in autunno come l’unica percorribile.
Al Pd convengono le elezioni, a Renzi noLa questione è questa. Per il Pd sarebbe conveniente andare al voto subito, capitalizzare i 4-5 punti di vantaggio sui 5 Stelle e proporsi come principale forza di opposizione. E soprattutto Zingaretti avrebbe la possibilità di mettere in Parlamento persone di fiducia e fare fuori i renziani. Proprio per questo Matteo Renzi di andare al voto subito non ne vuole sapere e cerca di arrivare almeno alla primavera 2020, probabilmente per avere il tempo di concretizzare la scissione e presentarsi con un proprio soggetto politico alternativo al Pd. La strategia renziana viene smascherata e bocciata da Carlo Calenda: “Governo tecnico per qualche mese, votato dal Pd, M5S e Forza Italia, per fare cosa? La manovra più dura degli ultimi anni. Prendere qualche mese per fare un partito? E’ folle quello che tratteggia Renzi, è un tentativo di prendere qualche mese in più”.
Zingaretti: “Nessun accordo con i 5 Stelle”Ancora più netto lo stop di Zingaretti all’iniziativa renziana: “Nessun sostegno a ipotesi pasticciate e deboli”, scrive sul suo blog sull’Huffington Post il segretario dem, “si riproporrebbe ingigantito lo stesso problema tra poche settimane. Di fronte a una leadership della Lega, che tutti giudichiamo pericolosa e che si appella al popolo in maniera spregiudicata, è credibile imbarcarsi in un’esperienza di governo pd/ 5 stelle (perché di questo stiamo parlando) per affrontare la drammatica manovra di bilancio e poi magari dopo tornare alle elezioni? Su cosa? Non votare darebbe a Salvini uno spazio immenso di iniziativa politica tra i cittadini”.
Quanto pesa il partito del non votoInsomma la partita decisiva si gioca dentro al Pd. Il partito del non voto per tirare fuori una maggioranza trasversale avrebbe bisogno di tutti i parlamentari “renziani”. Soprattutto al Senato. A palazzo Madama l’ex premier conta teoricamente su 35 senatori (su 51 del Pd), mentre alla Camera dovrebbe stare sui 60 deputati (su 111 del Pd). Al Senato dunque tra i 107 pentastellati e i 35 teoricamente renziani ci si avvicina alla soglia di 161, che potrebbe essere raggiunta con qualcuno del gruppo misto, LeU e qualche “responsabile” di Forza Italia. Bisogna però vedere all’interno del Pd se una spaccatura così netta sarebbe possibile, dopo la linea netta espressa dal segretario. E soprattutto dovrà essere testato il grado di fedeltà dei “renziani” allo stesso Renzi, ora che la stella dell’ex sindaco di Firenze non sembra brillare come un tempo.
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